Nei secoli passati gli artisti ricevevano una formazione che andava oltre alla sola pratica del disegno, della preparazione dei colori e quanto altro fosse servito tecnicamente al loro lavoro.
Erano persone colte che sapevano di letteratura, di architettura, conoscevano i testi sacri e quelli mitologici, sovente erano anche ferrati in astrologia e alchimia e non di rado anche in musica.
Una educazione a tutto tondo, che riversavano con naturalezza nelle loro opere che pertanto diventano vere fonti di informazioni, alla pari di un libro che per comprenderlo va letto anche tra le righe.
Giotto era un innovatore, anche se oggi le sue rappresentazioni ci sembrano – a un primo approccio – semplici nella loro struttura, vi è con lui il superamento della bidimensionalità, fino ad allora accettato come norma comune, per approdare alla tridimensionalità.
La prospettiva, termine derivante dal latino perspicere ( = vedere attraverso o vedere chiaro ), questo grande artista e innovatore, attento al mondo visibile, l’affrontò creando il senso della profondità inserendo i personaggi in uno spazio che rappresentava la realtà, spazi elaborati tramite la disposizione dei volumi e delle figure.
Ma oltre a queste considerazioni, possiamo trovare nelle sue opere anche altro, come nell’affresco Adorazione dei Magi (1303-1305 circa) facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a Padova.
Tutto inizia un paio di anni prima della realizzazione dell’affresco, nell’estate del 1301 quando una cometa – identificata oggi come la Cometa di Halley – disegnò una lunga e luminosa scia nel cielo: uno spettacolo che avrà incantato molte persone, da quelle più semplici che ne vedevano un segno divino agli astronomi che potevano ampliare le proprie conoscenze.
Tra le persone che ne rimasero affascinate vi fu sicuramente anche Giotto, che la volle immortalare nel suo affresco quale Stella di Betlemme, rappresentandola non più come una stella stilizzata con diverse punte ma in modo maggiormente naturalistico con globo centrale avvolto da una luminescenza sfavillante.
E al fine di rendere più realistica la cometa illuminata dalla luce naturale Giotto usò anche pigmenti a tempera e d’oro per ottenere quella dispersione della luminescenza che viene definita poeticamente polvere di stelle.
Una innovazione anche questa, un distacco dalla tradizionale Stella di Betlemme che si potrebbe paragonare al passaggio che avvenne nel campo del ritratto, che da essere una icona rappresentativa dei personaggi rappresentati – la cui somiglianza all’originale non era assolutamente ricercata in quanto non importante – si giungerà a una raffigurazione il più fedele possibile, quasi fotografica.
Saper leggere le opere dei grandi artisti del passato, fa apprezzare ancora di più il loro lavoro e rende giustizia al loro ingegno che consisteva in una vasta cultura in diversi campi, in notevole spirito di osservazione, nella costante ricerca di nuove strade, in tecniche di esecuzione raffinate apprese in modo approfondito.
Marco Mattiuzzi – 24/12/2019
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