Una Prospettiva Storico-Artistica sui Doni di Oro, Incenso e Mirra
Il 6 gennaio si ricorda l’arrivo dei tre Re Magi alla capanna a Betlemme (o alla caverna, dipende dal vangelo preso in considerazione e da come viene interpretato) dove Maria aveva partorito 13 giorni prima. La tradizione vuole che Melech, Balthazar e Galgalath (conosciuti oggi come Melchiorre, Baldassare e Gasparre) portassero in dono oro, incenso e mirra al piccolo Gesù.
I doni erano di utilità pratica oppure simbolici come si potrebbe supporre in quanto tutto quello che viene narrato dalla notte dei tempi, particolarmente quando si tratta di testi religiosi o che riguardano i miti, rientra in questo ambito?
Se restiamo alla tradizione che vuole oro, incenso e mirra come doni, una interpretazione potrebbe essere che l’Oro, essendo un metallo prezioso, viene riservato ai Re e Gesù è notoriamente il Re dei Re; l’Incenso è usato nei rituali di adorazione di divinità, e Gesù senza dubbio è una divinità; la Mirra viene impiegata nel culto dei morti, e Gesù si è fatto uomo quindi è mortale come corpo.
Sant’Ireneo nel II° secolo D.C. spiega meglio il significato dei tre doni: la mirra è l’olio tradizionalmente utilizzato per la sepoltura e allude alla Passione di Cristo, l’oro è simbolo di regalità, l’incenso è riservato a Dio, mentre nel XII secolo Bernardo di Chiaravalle affermerà che l’oro era per alleviare la povertà della Vergine, l’incenso per disinfettare la stalla di Betlemme e la mirra come un vermifugo. Infine Lutero, quattro secoli dopo, li associa a fede, speranza e carità, le tre virtù teologali.
Recentemente è stata avanzata anche un’altra interpretazione, che suggeriscono scopi essenzialmente curativi per i tre doni. Infatti l’oro pare abbia proprietà terapeutiche e il suo uso risale ai tempi degli egizi, i quali aggiungevano oro a bevande e cibi per suscitare il favore degli dei. Tuttavia probabilmente non si trattava di oro, ma di polvere di curcuma, una radice originaria dell’oriente dal colore giallo oro, utilizzata già a quel tempo per insaporire i cibi ma anche come medicamento, in particolare per curare le infezioni.
Poiché veniva definita “oro delle spezie”, la possibilità che il dono di Melchiorre fosse proprio polvere di curcuma e non oro inteso come metallo prezioso, è giustificato da
l fatto che dopo un parto le infezioni sia per la madre sia per il piccolo nato erano altissime.
L’Incenso, chiamato anche gomma di olibano, è una resina bruciata in tutte le cerimonie sacre e religiose, in quanto in grado di indurre uno stato favorevole alla meditazione e alla preghiera. Ma dal punto di vista medico l’incenso ha una potente attività antinfiammatoria a carico dell’intestino e dell’apparato muscolo-scheletrico, contrasta le infiammazioni delle vie respiratorie e le affezioni cutanee (psoriasi, eczemi, dermatiti, ecc..). Pertanto anche questo dono poteva avere un’utilità medica rilevante in questo contesto.
Così anche la Mirra, antiinfiammatorio, antisettico e potente analgesico (paragonabile alla morfina), impiegata in caso di affezioni del cavo orale come afte e gengiviti, ma anche per ferite e ulcerazioni cutanee. Di conseguenza anche questo ultimo dono rientra a pieno titolo nel “pacchetto” di sostanze medicinali che i Tre Re Magi – che ricordiamo erano astronomi e alchimisti e pertanto versati nella medicina – portarono in dono con scopi curativi, forse il miglior modo per rendere omaggio al piccolo Gesù secondo questa recente interpretazione.
La raffigurazione artistica di questo evento l’ho affidata a una tavola di Lorenzo Monaco (Galleria degli Uffizi a Firenze), ad un affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova e un altro nella Basilica Inferiore di Assisi, e ad un frammento di un graduale miniato da Giovannino da Genova e datato al XIV secolo