Esiste un filone pittorico che raramente viene posto in risalto, come se fosse marginale artisticamente e per nulla interessate culturalmente. Tuttavia, sebbene non fu un vero e proprio movimento, non ci furono manifesti di adesione o “gruppi di lavoro”, la pittura orientalista perdurò per un lungo periodo di tempo, dalla fine del ‘700 all’inizio del ‘900, convivendo con altre correnti artistiche senza esserne influenzata se non marginalmente, condizionando non poco l’approccio dei popoli europei verso l’Africa e il Medio Oriente.
Si tende a considerare l’inizio di questo genere di pittura, che poi ebbe in seguito anche esponenti della fotografia quando questa fu inventata, in concomitanza con la spedizione militare in Egitto voluta da Napoleone nel 1798.
Al seguito delle truppe un folto gruppo di esploratori, botanici, zoologi, archeologi e disegnatori vennero impegnati per studiare, forse per la prima volta in modo sistematico, un vasto territorio allo scopo di documentarne la storia, gli usi e costumi, la morfologia e le risorse minerarie.
Nasce così la pittura orientalista, complice anche la successiva avventura colonialista di diversi stati europei, impregnata di romanticismo, di ricerca dell’esotico ed esoterico, e anche di quella sensualità che si immaginava privo dalle convenzioni borghesi dell’epoca.
Dipinti di stampo orientalista li possiamo trovare da autori che aderivano al pensiero romantico, all’impressionismo o anche chi proveniva dalla corrente definita degli accademici: non si trattava quindi di un qualcosa di uniforme, solamente il tema trattato li accomunava.
Accanto a pittori che intrapresero viaggi in queste terre, vi furono altri che – alla stregua dello scrittore Emilio Salgari – rimasero a casa propria e dipinsero i luoghi remoti basandosi sui resoconti dei vari esploratori.
Probabilmente il gusto del pubblico, che era il bacino di utenza che permetteva ai pittori di vivere del proprio lavoro, ebbe un ruolo importante in questa produzione che la potremmo paragonare ai giorni d’oggi come la proiezione di un documentario televisivo di luoghi remoti che non andremo mai a visitare se non con l’immaginazione.
Essendo così vasta la produzione, sia come quantità sia come periodo temporale, è possibile racchiudere in questa scheda solo alcuni esempi che sebbene siano molto parziali, spero possano fornire lo spunto per una ricerca più mirata su questo filone pittorico. Tralascio volutamente la parte dei fotografi orientalisti che tratterò in altra scheda.
Marco Mattiuzzi