Conservata nel Museo del Bargello di Firenze, purtroppo non in buone condizioni, si trova la Resurrezione di Cristo dello straordinario Andrea del Verrocchio (1435-1488), un’opera che sarebbe dovuta per il suo pregio essere esposta nella mostra “Verrocchio, il maestro di Leonardo” presso Palazzo Strozzi che si concluderà il 14 luglio 2019.
La fragilità del manufatto ha impedito il trasporto dal Museo del Bargello a Palazzo Strozzi, percorso breve ma comunque rischioso (ricordiamoci la vicenda del bassorilievo in gesso “L’uccisione di Priamo” di Antonio Canova andato distrutto all’Accademia d’Arte di Perugia appena staccato dalla parete al fine di portarlo ad una mostra ad Assisi), decisione saggia ma che ha privato di un capolavoro la mostra di Palazzo Strozzi.
Tuttavia, per chi conosce Andrea di Michele di Francesco di Cione detto “Il Verrocchio“, una visita anche al Museo del Bargello era d’obbligo a completamento di un percorso tutto dedicato ad ammirare dal vivo le opere di chi è stato il Maestro di Leonardo da Vinci, ma sopratutto un Maestro innovatore e precursore – anche attraverso i suoi allievi – di quello che avvenne in campo artistico negli anni seguenti.
Ho visitato il Museo del Bargello durante un’apertura serale con biglietto di entrata di 1 Euro: un po’ di coda, mezz’oretta, e poi su e giù per le varie sale, rammaricandomi di non poter restarci fino al mattino (confesso che qualche volta ho pensato di farmi rinchiudere in qualche museo…)
L’opera in terracotta “Resurrezione di Cristo” fu ritrovata, rotta in circa una sessantina di pezzi, nei primi anni del ‘900 da Carlo Segré nella soffitta della sua villa medicea di Carreggi: restaurata, fu da allora riconosciuta come opera del Verrocchio, attribuzione comunemente accettata dagli esperti d’arte.
La particolarità di questa Resurrezione, con al centro il Cristo trionfante sulla morte, ai fianchi due angeli e nella parte inferiore cinque soldati a guardia del sepolcro, consiste nella non ortodossa interpretazione del racconto della Resurrezione.
Infatti è solo nel racconto della Resurrezione riportata dagli Atti di Pilato, testo apocrifo, che le guardie si svegliano ed assistono al miracolo, mentre la tradizione riporta come addormentati i militi, narrazione questa rispettata ad esempio da Luca della Robbia (1399/1400-1482) nella sua Resurrezione presente sul portale di Santa Maria del Fiore di Firenze.
E probabilmente la lunetta di Luca della Robbia potrebbe essere stata presa come punto di partenza, forse suggerita dal committente, da Verrocchio per la sua Resurrezione la cui somiglianza è notevole, ma sebbene questa terracotta smaltata sia di qualità eccellente – come d’altronde tutte le opere dei Della Robbia – non raggiunge quell’emotività che l’opera del Verrocchio riesce a trasmettere all’osservatore: la prima fredda e distaccata nella sua eleganza, la seconda invece fa esplodere lo sgomento dei due soldati risvegliati per il fragore della lastra tombale divelta.
Lo sguardo di chi osserva questo bassorilievo viene attratto dal volto del soldato deformato da un urlo che racchiude tutto il terrore, l’angoscia del momento: sebbene avvezzo a battaglie e ad agguati, addestrato a combattere per fronteggiare i nemici sul campo, si trova completamente disarmato ed inerme davanti al soprannaturale.
Un urlo simile, come diversi hanno fatto notare, a quello del personaggio disegnato da Leonardo da Vinci (1452-1519) come Studio per la Battaglia di Anghiari: la paura per un qualcosa di sconosciuto, un qualcosa di viscerale e “fisico” rispetto a quello “psicologico” di Edvard Munch (1863-1944).
Senza dubbio l’opera Resurrezione di Cristo di Andrea del Verrocchio avrebbe meritato un posto d’onore alla mostra “Verrocchio, il maestro di Leonardo” presso Palazzo Strozzi, alla pari dell’altro suo capolavoro “Dama col mazzolino” di cui parlerò in una altra scheda.