La fine del XIX e inizio XX secolo vide la nascita di uno stile artistico con risvolti filosofici, l’Art Nouveau, il cui scopo era quello di operare a largo spettro, in modo da influenzare e interfacciare tra loro pittura, architettura, urbanistica, decorazione d’interni, gioielleria, mobilio e tessuti, utensili e oggettistica, illuminazione, arte funeraria.
Nelle varie nazioni europee questo stile prende nomi diversi, in Austria “Wiener Secession” (Secessione Viennese), allorché un gruppo di artisti si distaccò dalla Wiener Künstlerhaus (Casa degli Artisti di Vienna) che rappresentava l’Associazione Ufficiale degli Artisti viennesi; mentre in Francia viene denominata “Art Deco”, in Germania “Jugenstil”, in Italia “Liberty” o “stile floreale”, in Spagna “Modernismo” e infine “Modern style” in Gran Bretagna.
Anche in campo fotografico vi fu in quegli anni una secessione oltre oceano, l’americano Alfred Stieglitz (1864-1946), strenuo sostenitore dell’allora controverso punto di vista secondo cui ciò che era significativo di una fotografia non era quello che c’era di fronte alla macchina da presa, ma la manipolazione successiva dell’immagine dell’artista/fotografo, influenzato dalla Mostra della Secessione di Monaco del 1898 diede vita alla “Photo-Secession”.
Monaco di Baviera, il centro d’arte della Germania, i “Secessionisti” infatti ammettevano che la fotografia doveva essere giudicata in base ai suoi meriti come un’opera d’arte in modo indipendente, senza considerare che sia stata prodotta tramite un mezzo meccanico quale la fotocamera e non con tecniche manuali tradizionali quali la pittura o la scultura.
Rudolf Koppitz (1884-1936), perfettamente calato in questo ambiente, è un colto fotografo pittorialista che considera il proprio lavoro alla stregua di altri artisti: i suoi primi lavori sono scorci di Vienna e dei villaggi ungheresi che visitava, caratterizzati dall’influenza del suo insegnante, il fotografo simbolista ceco Karel Novák (1875-1959).
Purtroppo con l’avvento della prima guerra mondiale, Koppitz deve interrompere il suo lavoro ma non smise di fotografare: impiegato nella fotografia aerea, che gli permise di studiare e apprezzare le linee, le geometrie dei campi che osservava dall’alto, non tralasciò di ritrarre le persone, soldati e popolazione che di volta in volta incontrava, producendo lavori notevolmente coinvolgenti in quanto sapeva utilizzare splendidamente la luce, che sia stata quella limpida del sole o filtrata da nuvole o nebbia, per amplificare la drammaticità dello scatto.
Terminato il periodo bellico, Rudolf Koppitz riprese la sua attività dedicandosi ad una sua ricerca personale sul nudo, iniziando con un suo autoritratto nella natura (Im Schoß der Natur, Selbstporträt), dove incorniciato da tronchi d’albero, rocce, montagne innevate, si propone di comunicare un ideale di armonia.
Nel 1925 Koppitz realizza quello che comunemente viene ritenuto il suo capolavoro, Bewegungsstudie, in perfetto stile Art Nouveau dove grazia e movimento si fondono, dialogano tra loro formando linee in opposizione ma allo stesso tempo armoniche. In questa immagine, divenuta l’icona di questo fotografo, si notano le influenze di Gustav Klimt e Alphonse Mucha, la sensualità tipica delle loro opere, ma anche una ricerca che prende origine dalla statuaria greco-romana che sarà sempre espressa in tutti i suoi lavori sul nudo.
Sovente le sue sessioni di nudo, dove partecipava lui stesso come modello oltre a sua moglie, avvenivano all’aperto in montagna o al mare, questo affascinò molto il pubblico anche perché era l’epoca che il movimento giovanile tedesco dei Wandervogel propagandava il ritorno alla natura e alla nudità, organizzando lunghe escursioni in luoghi incontaminati che spesso terminavano con un bagno rinfrescante al lago o in un fiume.
La filosofia dei Wandervogel era ben più che semplice nudità: questi giovani uomini e donne cercarono di fuggire dall’inferno delle città, dal suo inquinamento e dai suoi eccessi, sognando di vivere in maniera più sana e con una maggiore consapevolezza della propria fisicità, che si esplicitava con lo sport e la danza in libertà, e si potrebbero paragonare ai movimenti giovanili sviluppatatisi negli Stati Uniti negli anni della contestazione.
Virtuoso della camera oscura, determinato a rendere la fotografia il più possibile un oggetto d’arte, con immagini meravigliosamente granulose e leggermente colorate, Rudolf Koppitz prediligeva la stampa alla gomma bicromata ma eccelleva anche con la stampa ai pigmenti, al carbone, al bromolio e all’oliotipia. Considerato da alcuni come un artista progressista moderno, da altri un fotografo tra più conservatori del suo tempo, negli ultimi anni della sua attività Koppitz ritornò ad interessarsi alla fotografia di natura e alla documentazione della vita e condizioni dei contadini rurali.