Iconografia di Sant'Antonio: Un Viaggio Tra Arte e Leggenda
Il 17 gennaio la chiesa ricorda Sant'Antonio Abate, detto anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio d’Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto, Sant'Antonio l’Anacoreta.
Con questa sequenza di appellativi si può intuire la sua importanza, infatti fu considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.
L'iconografia classica di Sant’Antonio Abate prevede che ai suoi piedi vi sia un suino, un maialino o più correttamente un cinghiale addomesticato.
Altri elementi caratterizzanti, forse meno noti ai più, sono un campanello e la fiamma di un fuoco, in ricordo del privilegio del 1095 in base al quale i discepoli del santo potevano ricavare lardo dai maiali che unito ad erbe officinali era un rimedio ad cosiddetto “fuoco di sant’Antonio” (herpes zoster).
Altro fattore di riconoscimento è il possesso del bastone con l'impugnatura a forma di T, tipo stampella, sostituito a volte dalla sola lettera tau o anche da un pastorale.
Le opere che ho selezionato come esempio della rappresentazione di questo santo sono una tela del 1530-1534 conservata nel Santuario della Madonna della Neve, Auro (BS), di Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498 circa - 1564), dove il Santo sembra quasi un Dio che lancia il fuoco contro i peccatori; quindi un'opera del 1445 di Pisanello (1395-1455) conservata alla National Gallery di Londra, dove troviamo Sant'Antonio e San Giorgio, il primo protegge la campagna e gli animali ed è il santo dei poveri, mentre San Giorgio è il protettore dei nuclei urbani, castelli, cavalieri e nobiltà.
Seguono due miniature dal Libro delle Ore di Enrico VIII, splendidi esempi di manualità, capolavoro dell'artista Jean Poyer.